Ho ancora tante fitte parole scritte nel mio moleskine, come pure nella mia testa.
Sono righe che mi appuntavo in ognidove della città dove mi trovavo, in ogni angolo, parco, treno o metrò, in mezzo la gente o appartato da solo durante il pranzo in un bel parco cittadino.
Dopo oltre un mese dal mio ritorno dal mio viaggio, sono tanti, innumerevoli episodi che racconto quando mi soffermo a parlare con le persone dell'America.
A volte mi sembra di essere un "ambasciatore", un "inviato speciale" che viene invitato a cena per fare vedere foto e raccontare del viaggio, degli USA.
E questo mi piace molto e mi lusinga allo stesso modo. Non so il perchè, ma il raccontare di questa cosa, questa esperienza mi piace molto.
E nel piacermi così tanto che cerco di documentarmi di conoscere aspetti che non sono riuscito a capire e conoscere nella mia breve visita.
Mi lusinga e mi piace anche se non mi sembra di aver fatto grandi cose, ma solo di avere compiuto un viaggio "speciale" per me e forse semplice per alcune persone.
Non ho mai amato parlare di me, della mia persona come non mi piacerà mai parlare delle mie cose "personali", che ho fatto o che farò.
Ma in questo caso invece non mi fermerei mai nel parlare e raccontare.
E forse è anche questo un aspetto nuovo che sto cercando di conoscere dopo il mio viaggio.
E ogni nuova volta che racconto episodi del viaggio, saltano fuori racconti inediti che magari nei miei racconti precedenti non ho raccontato. Il fatto è che sono così tanti che a volte sono pure io stesso che mi perdo.
E come scrive Antonio Munoz nel libro "Le finestre di Manhattan" mi piacerebbe pure a me mentre racconto dire:
"Vorrei ricordarmi di ognuna delle mie passeggiate e di tutte le finestre che mi si sono mostrate a Manhattan..."
MY CITY
June 29, 2008
Parole fitte
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